lunedì 12 dicembre 2011

Opere d'Arte in mostra per salvare le foreste.


SAN PIETRO IN CARIANO. Gli eventi saranno presentati mercoledì a Villa Lebrecht.
Nell'ambito dell'Anno internazionale dichiarato dalle Nazioni Unite.





Arrivano nel Veronese le iniziative per il 2011 «anno internazionale delle foreste», come è stato dichiarato dalle Nazioni Unite, per sensibilizzare a problemi come la deforestazione nelle zone pluviali tropicali, il rischio estinzione delle specie animali e vegetali.
Tra di esse «Art for Forests», tre eventi per la sensibilizzazione ai temi della conservazione delle foreste e alla raccolta fondi per acquistare nuove porzioni di Foresta Otonga in Ecuador, iniziativa che verrà presentata mercoledì alle 17 a San Floriano all'Università degli Studi di Verona a Villa Ottolini Lebrecht.

Interverranno Diego Begalli dell'Università degli Studi di Verona, Daniela Brunelli direttrice della Biblioteca universitaria «A. Frinzi», Marcia Theophilo, candidata al Nobel per la Letteratura, Gianfranco Caoduro, docente di Scienze naturali e presidente di Wba onlus, Alessandro S. Carone, membro di Wba onlus, Mariella Guarino, docente di lingue straniere, Laura Agostini, geologa e membro di Wba onlus, musicisti del «Carlo Montanari» di Verona e Mandy Robertson, donatrice delle opere in esposizione.
Ogni opera sarà esposta con riferimento alla superficie in metri quadrati di foresta pluviale che potrà essere acquistata con i fondi raccolti, che saranno inviati in Ecuador alla Fundacion Otonga per incrementare le superfici forestali protette dell'Ecuador, uno dei paesi più ricchi di biodiversità del mondo, ma il paese sudamericano con il tasso di perdita di foreste tropicali più alto del continente.




La World biodiversity association, attraverso il fondatore Giovanni Onore della Pontificia Università di Quito, e attraverso la Fundacion Otonga, ha attivato programmi anche per la scolarizzazione delle popolazioni. Il progetto prevede altri due incontri, venerdì alle 17 all' Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona, in cui si parlerà di «Il destino delle Foreste, tra biodiversità e sostenibilità» con Gianfranco Caoduro, presidente di Wba, Giuliano Lazzarin, docente di Scienze naturali su «Lo stato delle foreste del Veneto e del Veronese» e Vittorio Mascagno del Corpo forestale dello Stato su «Foreste e territorio». Alle 19 in Galleria d'Arte La Meridiana in Via Oberdan a Verona verrà inaugurata la mostra «Art for forests» alla presenza dell'artista Mandy Robertson.


Mozia, gioiello dell'archeologia del Mediterraneo.




Lunedì 12 dicembre Lorenzo Nigro, direttore delle attività archeologiche della Sapienza a Mozia, terrà la VII conferenza dal titolo Mozia gioiello di archeologia nel Mediterraneo: il Tempio del Kothon e le origini dei Fenici in Sicilia.
L’incontro si svolge nell’ambito dell’iniziativa L’Eccellenza della Sapienza in Italia e nel mondo, promosso dalla Fondazione Roma Sapienza. Nel corso della conferenza saranno presentati gli ultimi risultati di dieci anni di scavi della Sapienza nell’isola di Mozia, in Sicilia occidentale.
Le scoperte di Mozia, dal Tempio del Kothon, con il Temenos Circolare di 118 m di diametro, al Tofet, le mura, il Sacello di Astarte, la Casa del sacello domestico hanno arricchito le conoscenze sul Mediterraneo antico e reso possibile un’estensione delle attività della ricerca della Sapienza dall’archeologia all’informatica, alla medicina (Dna antico), alla paleobotanica, alla zooarcheologia, in proficua collaborazione con la Fondazione G. Whitaker, proprietaria dell’Isola e l’Assessorato regionale ai Beni culturali e all’Identità siciliana.

giovedì 8 dicembre 2011

Aspettando Babbo Natale in Museo. Museo archeologico e di scienze naturali Alba.






Baby parking natalizio al museo archeologico e di scienze naturali di Alba, Federico Eusebio che, in collaborazione con l’associazione Ambiente & Cultura che si occupa del servizio didattica museale, ha ideato una piccola ludoteca dedicata ai bambini dai 5 agli 11 anni.
Il progetto si chiama “Aspettando Babbo Natale… in Museo!!” e accoglierà i più piccoli, ospitandoli per cinque pomeriggi ricreativi, intrattenendoli con giochi e laboratori creativi, mentre i genitori saranno impegnati con lo shopping natalizio.Babbo Natale arriverà l’8, 9, 10, 11 e 18 dicembre, dalle 15.30 alle 18, al Museo di Alba, con ingresso dal cortile della Maddalena, in via Vittorio Emanuele. Ogni data prevede attività differenti, tematiche, archeologiche o naturalistiche, collegate alle collezioni museali.
Giovedì 8 dicembre: La capanna del pre..istorico! Visita breve e leggera alla sezione di archeologia preistorica. Laboratorio: riproduzione in miniatura della capanna del neolitico rinvenuta in corso Langhe 65.
Venerdì 9 dicembre: La lucerna e il Natale dei Romani: i Saturnalia. Visita alla sezione di archeologia romana. Laboratorio: riproduzione di una lucerna in argilla.
Sabato 10 dicembre: Questo vulcano l’ho fatto io! Visita alla sezione di scienze naturali. Laboratorio: riproduzione di un vulcano in carta, con tecnica tipo origami.
Domenica 11 dicembre: La collana della donna longobarda. Visita alla mostra “Ornamenta” e alla sezione di archeologia romana. Laboratorio: riproduzione con il fimo, una pasta sintetica facilmente modellabile, della collana rinvenuta nella necropoli di Sant’Albano Stura durante gli scavi del cantiere dell’autostrada Asti-Cuneo.
Domenica 18 dicembre: Questo insetto l’ho fatto io!! Visita alla sezione di scienze naturali. Laboratorio: riproduzione di un insetto 3D in carta con tecnica tipo origami.

Roma, scavi palazzo Valentini coniugano amore nuove tecnologie.


Roma: Scavi palazzo Valentini






"Siamo orgogliosi di aver concluso questo ciclo di scavi sotto palazzo Valentini uno dei pochi luoghi al mondo che riesce a coniugare l'amore per l'archeologia e le nuove tecnologie. Non ci siamo fermati solo alla scoperta ma l'abbiamo voluta valorizzare e renderla fruibile e accessibile al pubblico.
E' un luogo che da oggi consegnamo alla citta' e visto che si tratta di Roma a tutto il mondo". Lo ha dichiarato il presidente della Provincia Nicola Zingaretti alla presentazione dei resti archeologici scoperti da pochi mesi sotto la sede di palazzo Valentini.
Con lui anche Piero Angela che ha curato la parte multimediale e il direttore degli scavi Eugenio La Rocca. Nelle sale accessibili al pubblico una ricostruzione virtuale racconta le storie di chi viveva in questi luoghi 2000anni fa e ripercorre le avventure impresse sulla colonna Traiana.
Che i resti archeologici scoperti sotto il palazzo della Provincia siano il tempio dei divi Traiano e Plotina "e' un'ipotesi di lavoro molto ben fondata e costruita - commenta il direttore degli scavi La Rocca - ovviamente ci sara' bisogno di ulteriori indagini per poter giungere a un risultato finale, ma gia' da ora possiamo dire che le scoperte sono eccezionali. Le strutture sono in asse con la colonna Traiana, sono colossali e sono stati trovati resti di colonne in granito grigio egiziano.
Tutto questo gia' indica che ci troviamo di fronte a un monumento di straordinaria importanza. Ci sono buone possibilita' che sia il tempio del divo Traiano e della diva Plotina. Sotto palazzo Valentini ci sono tesori straordinari di cui non si poteva avere idea ma che ora finalmente iniziano a venire fuori".


Libreria: proposte letterarie.

Proposte letterarie.


Zecharia Sitchin: Gli dei dalle lacrime d'oro.






Aztechi, Toltechi, Olmechi, Inca, Maya: centro e sud America sono un mosaico ininterrotto di reami perduti, di città abbandonate e civiltà scomparse, di rovine che lasciarono senza fiato anche i conquistadores spagnoli.
Grandi piramidi a gradoni, intricati bassorilievi, sofisticati calendari astronomici, complessi riti di mummificazione caratterizzano queste antiche culture e sembrano riportarci quasi magicamente nella Mesopotamia e nell'Egitto di migliaia di anni fa.
Dietro queste apparenti coincidenze, si cela forse una nuova verità che illumina misteri rimasti fino a oggi irrisolti: una stirpe di esseri straordinari, venuti da un altro mondo e depositari di grandi conoscenze, ha guidato l'evoluzione della civiltà umana da un capo all'altro del nostro pianeta.

Zecharia Sitchin è nato a Bacu in Russia ed ha vissuto in Palestina, dove ha studiato la Bibbia ebraica scritta in ebraico antico. Ha inoltre studiato l'archeologia del Medio Oriente, prima di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti. Ha dedicato tutta la sua vita allo studio delle lingue semitiche ed è un'esperto di civiltà Sumera, tanto da essere uno dei pochi studiosi in grado di poter decifrare le iscrizioni scritte nei caratteri cosiddetti "cuneiformi", che ricoprono bassorilievi e le tavolette di argilla ritrovate in tutto il Medio Oriente. Nei suoi libri traduce i testi sumerici ed evidenzia le somiglianze tra i miti religiosi Sumeri, Greci e Cristiani... La sua visione è semplice ma sconvolgente: i testi sacri dei popoli antichi non è creazione fantastica, ma confusa memoria di fatti realmente avvenuti!




Folco Quilici: I miei mari.





Una vita in mari lontani, ancora sconosciuti, e in altri vicini, più familiari, ma non per questo meno sorprendenti. Folco Quilici ci racconta anni di scoperte, amori, paure negli oceani e nei mari del mondo, dove, tra i relitti della preistoria e quelli di oggi, si muovono, si scontrano, si confrontano uomini e creature di ogni specie, dalle stelle marine assassine ai polpi giganti, dalle spaventose ma innocue mantas agli squali, un tempo (spesso a torto) temuti e oggi vittime di una pesca che rischia di annientarli.
Come in un romanzo dalla trama avvincente, leggiamo la fatica e la gioia offerta dallo studio e dalla paziente documentazione di un universo sottomarino che in alcuni momenti incute timore, in altri entusiasma, sempre affascina.
Ma non è un romanzo, è avventura vissuta in prima persona da Folco Quilici.
Dalle isole dei «naufragatori» a quelle dei dannati, all’isola in fuga dell’arcipelago delle Cicladi, dalle odissee nel Pacifico fino alle lagune blu, vivendo tra le donne delle perle e gli uomini dell’«oro rosso», immergendosi con archeologi famosi, imparando dalle ultime comunità primitive miti e leggende, Quilici racconta le meraviglie, ormai perdute, di un mondo di cui teme la fine.
E, allo stesso tempo, disegna la sua visione del futuro, di un pianeta diverso per il quale occorre lottare: è questo l’impegno che ha sempre animato il suo lavoro, anche quando la parola ecologia era sconosciuta ai più.
Dopo la lunga stagione dei suoi libri-documento e quella dei romanzi da cui sono stati tratti film di grande successo internazionale, l’autore torna a percorrere e raccontare il mare, assieme a sconosciuti pescatori, audaci avventurieri, scienziati coraggiosi impegnati ogni giorno a salvare specie in pericolo. Intrecci, esperienze, incontri che parrebbe impossibile abbia vissuto un uomo solo.
L’impossibile è invece realtà, da rivivere non solo nelle pagine di questo libro, ma anche nei filmati (alcuni inediti) raccolti nel DVD allegato: cinquantotto minuti di sequenze incalzanti, dai ghiacci artici ai fiumi dell’oro in Amazzonia, dai segreti e dalle sorprese archeologiche del Mediterraneo al fascino perduto degli atolli polinesiani.



Thomas Pakenham: I grandi alberi del mondo.





Animato dallo spirito degli esploratori ottocenteschi, lo storico britannico Thomas Pakenham ha dedicato un decennio della sua vita allo studio degli alberi monumentali del mondo, molti dei quali rischiano di essere abbattuti. Dopo il successo internazionale della sua precedente opera, Meetings with Remarkable Trees, una rassegna di 60 alberi di Gran Bretagna e Irlanda scelti per la loro forte "presenza", ha deciso di andare alla ricerca di altri 60 alberi d'eccezione in ogni regione del mondo.
Molti erano già famosi per alcune caratteristiche straordinarie (circonferenza, altezza, volume o età), altri sono stati fissati dall'obiettivo fotografico per la prima volta.
In un avventuroso viaggio durato cinque anni, con una Linhof da 13 chili e cavalletto in spalla, Pakenham ha vagabondato nelle regioni temperate e tropicali del Pianeta.
Nonostante le rigorose basi scientifiche, il libro deve poco alla botanica tradizionale.
Come per l'opera che lo ha preceduto, la sua struttura è stata dettata più che altro dalle caratteristiche salienti degli alberi, e da quella che l'autore definisce "personalità", con un'espressione che rende pienamente idea dello spirito che anima questo libro.
Ci sono Giganti e Nani, Matusalemme, Santuari, Sogni, Innamorati e Danzatori, Spiriti e Alberi in pericolo.


sabato 3 dicembre 2011

2012: Profezia Maya.

2012: Profezia Maya.





Chi ha fatto i conti con la fine del mondo al 21 dicembre 2012 dovra' rivedere i propri progetti. La profezia dei Maya che vede in quella data una catastrofe fatale per l'umanita' potrebbe essere frutto di un fraintendimento.
Secondo un esperto tedesco, Sven Gronemeyer de La Trobe University in Australia, infatti, la tavoletta su cui e' incisa l'iscrizione sul Monumento 6 del tempio Maya di Tortuguero, in Messico e' parzialmente illeggibile e cio' che ne resta indica semplicemente l'inizio di una nuova era.





Niente fine del mondo, dunque, ma la descrizione del ritorno dal cielo della misteriosa divinita' Maya della guerra Bolon Yokte. La risposta di Gronemeyer e' arrivata una settimana dopo l'annuncio dell'Istituto messicano di Antropologia relativo al ritrovamento di un secondo documento che avrebbe confermato la profezia del 2012 ed e' arrivata proprio durante una tavola rotonda organizzata dallo stesso Istituto nel sito archeologico di Palenque, nel Messico meridionale, per frenare l'ulteriore ondata di panico scatenata dalla notizia.
La nuova iscrizione sarebbe stata trovata su un mattone trovato nelle rovine di Comalcalco, vicino Tortuguero, e porterebbe un esplicito riferimento al 2012, ma per ora il reperto viene conservato dall'Istituto e tenuto lontano dagli occhi del pubblico.
A differenza delle previsioni apocalittiche altern atesi negli ultimi anni che hanno attribuito a eventi diversi l onore di porre fine all'umanita', Gronemeyer sostiene che l'iscrizione si riferisca semplicemente alla fine di un ciclo, iniziato 5.125 anni fa con l'avvio dell'Eta' dell'Oro e che terminera' il 21 dicembre 2012. Bolon Yokte, infatti, e' anche la divinita' del cambiamento: secondo lo studioso tedesco, l'antico sovrano Bahlam Ajaw si era limitato ad indicare il passaggio del dio e l'intenzione di accoglierlo nel tempio di Tortuguero. ''La data ha acquisito un valore simbolico perche' e' visto come il riflesso del giorno della creazione'', ha spiegato Gronemeyer.


Siti archeologici: Ercolano, città aperta.

Ercolano città aperta
Nuovi itinerari senza barriere nel sito archeologico




Grazie all’Herculaneum Conservation Project, una collaborazione della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei con il Packard Humanities Institute e la British School at Rome, sarà riaperto l’accesso al Decumano Massimo anche ai visitatori con ridotte capacità motorie, genitori con passeggini e tutti coloro che desiderano usufruire di percorsi più agibili nell’antica città di Ercolano.
L’anno 2011 segna la fine delle barriere e delle chiusure che hanno impedito per più di 30 anni la visita alla strada principale della città antica: con una prima iniziativa in aprile sono stati portati a termine i lavori di sistemazione e la riapertura del Decumano Massimo ed ora, con un secondo intervento che ha colmato gli avvallamenti ed eliminato i dislivelli, viene garantita l’accessibilità ai visitatori disabili.
Il primo itinerario consente ai visitatori di entrare nella zona degli edifici pubblici della città romana, dove si trovano la Basilica Noniana e la Sede degli Augustali, e di proseguire poi lungo il Decumano Massimo.





Il secondo è un percorso “domestico”, che offre la possibilità di affacciarsi nelle case antiche, visitare la Casa del Tramezzo di Legno e assistere ai lavori di conservazione attualmente in corso.
Questi due primi itinerari sono solo un modesto inizio di un programma più ambizioso dell’Herculaneum Conservation Project, che insieme al Centro Herculaneum, sostiene la Soprintendenza nell’estendere a tutti la possibilità di conoscere il sito archeologico.
Contiamo sulla partecipazione dei visitatori per migliorare i nostri approcci e proseguire nel futuro con la riapertura di nuove aree archeologiche alle persone disabili; a tal scopo è stato reso disponibile presso la biglietteria del Sito un quaderno nel quale raccogliere commenti, idee e suggerimenti del pubblico.









venerdì 2 dicembre 2011

Luoghi: Le leggende del Deserto Bianco dell'Egitto.

Luoghi: Le leggende del deserto bianco dell'Egitto




Eserciti scomparsi tra le tempeste, cimiteri di cetacei immersi nelle sabbie, oasi fortificate, città intitolate al dio coccodrillo. Da Siwa a Kharga, alla scoperta del Sahara egiziano. Tra sculture di gesso e antiche pietre color giada.




Candido. Come nessuno immagina il Sahara. Il suo fascino sta tutto qui. Nell'apparire all'improvviso, dopo infiniti banchi di sabbia color ocra e nere rocce vulcaniche. Un miracolo geologico fatto di pilastri calcarei e monoliti gessosi che, grazie al lavorìo del vento, prende forme di uomini, animali, funghi, fiori.
Difficile descrivere il Deserto Bianco, immensa fetta di Sahara egiziano che si estende tra le oasi di Bahariya e Farafra, fino a lambire Siwa a nord e il territorio libico a ovest, collegando le brulle lande del Deserto Occidentale con il Grande Mare di Sabbia. Le sue dune sono interrotte da placche bianchissime formatesi dopo il ritiro di laghi e di paludi che, fino a 5mila anni fa, bagnavano questa regione. Sì perché qui c'era la savana, si cacciavano le gazzelle e vivevano i leoni. Oggi la sabbia copre una civiltà primordiale scivolata nell'oblio attraverso i secoli. E nelle valli, in passato letto di enormi fiumi, il terreno è disseminato ora da miliardi di pietre scavate dal vento e da conchiglie fossili.






Ma il Deserto Bianco nasconde molte altre storie. Come non ricordare l'epopea delle spedizioni del passato: le fatiche di esploratori come Gerhard Rohlfs, salvato nel 1874 da due giorni di pioggia mentre cercava di raggiungere Siwa, e del conte ungherese László Ede Almásy, il Paziente inglesecinematografico che, dal 1929 al 1941, scorrazzò tra queste dune. Entrambi alla ricerca, sempre vana, dell'oasi scomparsa di Zarzora. Da qui ha preso le mosse la civiltà egizia, fiorita poi lungo le rive del Nilo. E da qui è passato Alessandro il Grande, dopo aver conquistato l'Egitto (331 a.C.) e fondato Alessandria. La sua meta era Siwa, dove consultò l'oracolo di Amon, il Dio della Vita: gli disse che egli era figlio di Zeus e che avrebbe dominato il mondo. Dopo di lui arrivò la regina Cleopatra. Forse veniva da Tebe, e chissà se il suo Antonio la aspettava proprio a Siwa, quando l'oasi era ricca e potente. Già inclusa nel regno di Ramesse III (1184-1153 a.C.) fu per secoli capoluogo del deserto, un'ultima frontiera faraonica.





Video:Un viaggio in fuoristrada "cavalcando" le dune del deserto Egiziano.
Da Alessandria D'Egitto sino al fantastico deserto bianco.





I grandi Archeologi: Flinders Petrie.

I grandi Archeologi: Finders Petrie
Prima Parte.





In un epoca in cui gli archeologi erano soliti visitare gli scavi impeccabilmente vestiti, Flinders Petrie (sir dal 1923) lavorava infangato, pantaloni laceri e camicia, capelli arruffati, piedi nudi nero grigi in sandali sfilacciati. Conduceva una vita pressochè trascurata, primitiva, ed esigeva che anche i suoi aiutanti tornassero all'età della pietra.
William Matthew Flinders Petrie da Charlton è ritenuto uno dei maggiori archeologi del mondo.
Ha scavato nel Vicino Oriente per quarantadue anni, scoprendo più reperti di chiunque altro, lasciando un patrimonio scientifico di circa mille libri, articoli, relazioni.
Curioso, occupandosi di matematica, Pietre finì per approdare alla Terra del
Nilo.
Fu suo padre William, ingegnere amico dell'astronomo scozzese Piazzi Smyth a risvegliare in Flinders l'interesse per i pesi e le misure.

Piramide di Cheope erano depositari di importanti profezie per la storia universale. Le costruzioni ad angolo e il calcolo delle traiettorie stellari avevano da sempre affascinato il giovane Petrie; ora, all'improvviso, egli vedeva tutto questo in rapporto alla storia. Si costruì un telescopio, un sestante, un tavolo, misurò terreni. A diciannove anni, in compagnia del padre, visitò il primordiale osservatorio solare di Stonehenge (Salisbury) e decise di diventare archeologo. Pur non avendo una preparazione specifica, Flinders, si occupò per anni delle macerie preistoriche nell'Inghilterra meridionale. A ventisette anni, per interessamento dell'allora "regina dell'egittologia", la celebre scrittrice Amelia Edwards, fu mandato in Egitto.





La Edwards procurò al suo favorito un impiego all'Egypt Exploration Fund, da lei creato, dove recuperò rapidamente le carenze formative, cosa che causo due anni dopo un conflitto tra lui e i suoi protettori.
Da allora Petrie lavorò per conto proprio.
Fondò l'Egyptian Researche Account, che più tardi si ampliò nella British School of Archeologie in Egypt; finì tuttavia per tornare all'Egypt Exploration Found, per il quale ricercò altri dieci anni.
Non c'è località egiziana storicamente importante, dove Petrie non abbia tratto alla luce reperti di valore, percorse in lungo e in largo l'Egitto con la moglie e la figlia, studiando mummie, scoprendo monumenti come il labirinto di Hawara, intere città come quella operaia di
Kahum,tombe e tesori meravigliosi come bracciali, anelli, collane in oro e pietre preziose.
Petrie però non tenne nulla per sè, tutto ciò che trovò fu consegnato ai musei.
Cominciò a lavorare a Tanis, Naukratis, Daphnae, Nebesha, Arsinoe e Hawara; si spostò verso Illahun,
Kahun, Meidum e Abu Gurob; scavò a Tell el-Amarna, a Tebe, a Dendera,  a Giza, a Menfi, a Eliopoli sul Sinai, in Palestina ed ad Abydo.
Ed è proprio qui che si precipitò per visitare le di tombe di Umm al Qaab, per cercare di porre rimedio allo scempio causato da
Amèlineau. Nei suoi scritti non nasconde la rabbia per ciò che Amèlineau ha fatto. Possiamo comprendere l'amarezza e la rabbia di Petrie che ormai da vent'anni, scava in Egitto alla ricerca dei minuti frammenti della storia, e non certo a caccia di tesori, nonostante abbia rinvenuto più di chiunque altro.




Petrie ha scoperto migliaia di sepolture predinastiche (ossia appartenenti al periodo appena precedente l'unificazione dell'Egitto sotto la I dinastia) cercando quello che all'epoca amava chiamare "l'anello mancante", in questo caso il punto d'unione fra l'epoca delle piramidi (dalla III dinastia in avanti) e l'Egitto predinastico.
Quell'anello mancante è proprio la sepoltura dei primi re d'Egitto, insieme con tutti i dati relativi alle prime dinastie che, grazie a iscrizioni e altri reperti, da quelle tombe si riescono a raccogliere. Proprio quei documenti che erano stati trafugati, frantumati e sbriciolati da Amèlineau. Petrie non si lasciò scoraggiare. Nei due anni in cui lavorò a Umm el Qaab, scava seguendo il suo metodo scientifico. Classifica tutto, segnala la posizione degli oggetti, riesce a rilevare le planimetrie delle tombe, raccoglie migliaia di reperti e soprattutto ricostruisce la serie dei nomi reali delle prime dinastie. In Egitto l'Ufficio Antichità, che da Maspero in poi era sempre stato affidato ad un francese, aveva il compito di controllare e amministrare le località archeologiche ritenute particolarmente importanti. Non era stato facile ottenere la concessione di scavare a Tell el-Amarna; Petrie aveva fatto bersaglio come non mai: per le autorità, in effetti, Amarna era la terra promessa per eccellenza, ancora pressochè inesplorata e probabilmente ricca di tesori nascosti. Flinders Petrie, invece, a trentotto anni, nel fiore della sua attività archeologica, penetrava sicuro nella terra proprio là dove il passato sembrava offrire i propri relitti senza difficoltà. Malgrado che il nuovo direttore generale alle Antichità fosse cocciuto, fu finalmente possibile strappare a concessione per scavare ad Amarna: ad un patto però: le tombe dovevano restare tabù. Nelle rocce armaniane ce n'erano ventisei. Documenti storici di valore inestimabile. Flinders Petrie accettò l'incarico. "Presi con me cinque dei miei vecchi collaboratori che avevano lavorato a Illahun. Giungemmo ad  Amarna il 17 novembre 1981.
Ci occorsero un paio di giorni per costruire le capanne e per ispezionare i dintorni; il 23 novembre comincia l'opera mia".


Fine Prima Parte